Edoardo Fregonese
Relatore:
Giovanni Durbiano
La dissertazione ha come obiettivo la definizione di una filosofia del progetto volta a tracciare una metodologia attraverso cui descrivere processi di progettazione reali, empirici. La filosofia del progetto nasce a partire dalle ricerche di Herbert Simon (1996) sull’ontologia degli oggetti di tipo artefattuale, si struttura grazie a Per Galle (1999, 2008) e giunge a noi come un insieme relativamente confuso di teorie e modelli che dovrebbero descrivere il processo progettuale e dare una definizione di ‘progetto’.
Tutte queste proposte soffrono tuttavia di un genetico problema determinato dall’essere “filosofie”: il trattare il proprio oggetto di studio in termini generali e tendenzialmente aprioristici. Nessuno dei modelli analizzati – che è fondamentalmente l’insieme delle proposte (di stampo analitico) filosofiche sul
progetto – è in grado di fornire una metodologia atta a indagare in senso empirico un oggetto come il progetto (architettonico).
Ciononostante, scavando all’interno delle teorie, è possibile individuare una serie di elementi che potrebbero consentire una discesa dalla torre d’avorio della speculazione filosofia (sul progetto) e una sua calata nella realtà empirica. Il concetto di ‘verità’ in sede progettuale produce solo contraddizioni come individuato da Per Galle (1999, 2008): infatti, se ciò che rende vero un progetto è l’edificio stesso come può essere un progetto vero o falso se il suo fattore di verità, l’edificio, non è mai attualmente presente se non a progetto concluso? La dissertazione, opponendosi, argomenta in favore di uno spostamento epistemologico dalla ‘verità’ alla ‘plausibilità’ del progetto. ‘Essere plausibile’ per un progetto significa non avere attualmente ostruzioni rispetto al “naturale” corso del processo: cioè scaricarsi materialmente a terra producendo effetti fisici (banalmente l’edificio stesso). E così come ci sono ‘fattori verità’ per le proposizioni che enunciamo e che rendono vero o falso ciò che diciamo, così abbiamo dei ‘fattori di plausibilità’ per il progetto architettonico. Tali ‘fattori’ sono fondamentalmente ciò che sta nella realtà (esterna) che avvolge il progetto: e se è la realtà a rendere plausibile o meno il progetto, occorre indagare questa stessa realtà, soprattutto le modalità in cui tocca il progetto architettonico.
Per compiere tale operazione la dissertazione passa in rassegna l’attuale approccio “dominante” in architettura nello studio del progetto architettonico: i cosiddetti “ANT-STS approaches”. Dopo una panoramica generale sullo stato attuale di questi studi e un’analisi puntuale per quanto riguarda il campo dell’architettura e del progetto, si giungerà alla decisione di dover cambiare (o comunque modificare) tale metodologia a partire da una forte critica delle sue basi metafisiche. In questo compito ci viene in aiuto l’attuale teoria rivale rispetto a ANT e STS: l’Object-Oriented Ontology definita dal filosofo americano Graham Harman. Tramite questa è possibile formulare una metodologia alternativa a quella di “reti e nodi” proprie dell’ANT, in cui gli oggetti si sviluppano durante il corso della loro esistenza tramite fondamentali simbiosi che permettono un accrescimento o modificazione dell’oggetto stesso.
Dopo aver definito il metodo di indagine, la dissertazione si focalizza sulla sua applicazione. Il caso di studio della ricerca è un processo progettuale (che ha già portato alla costruzione di un edificio) in cui ci si soffermerà su alcune scene in cui il progetto compie delle simbiosi con la realtà circostante trasformando questa in ‘fattori di plausibilità’. Si vedrà che il progetto può entrare in rapporto simbiotico con una norma: attraverso ciò diviene immune ad altri oggetti che potrebbero inficiarne il percorso; che la catena di simbiosi che affetta e tocca il progetto e che conduce a un esito differente da quello previsto; la dinamica della “divisione progettuale” che dà luogo a un oggetto-progetto controfattuale che, in quanto meno plausibile del gemello, apre le porte a quest’ultimo nel momento in cui si mostra essere meno plausibile; e come il progetto può avvalersi di simbiosi anche con oggetti evocati che attualmente non esistono, ma in virtù dei quali acquisisce un grado maggiore di plausibilità.
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